Io e Betty | George Hodgman
Opera prima di George Hodgman, un ex editorialista di riviste come Vanity Fair e Harper’s Bazaar, “Io e Betty” è un memoir intimo e sincero.
Il ritorno dalla madre Betty
Nel 2011 George Hodgman torna a Paris nel Missouri, la piccola cittadina dove è cresciuto e dove abita sua madre Betty, che ha da poco compiuto novantuno anni e a cui è stata appena revocata la patente a causa dei problemi associati alla sua malattia, la demenza.
Si tratta di un momento cruciale della vita di Betty che si è vista sottrarre l’ultimo appiglio ad una certa dose di indipendenza. George decide quindi di rimanere a prendersi cura della madre.
Betty, all’anagrafe Elizabeth Baker Hodgman, vincitrice negli anni quaranta del concorso Miss Gambe all’università, è una donna che proviene da una stirpe tenace, combattiva. Tende a evitare qualsiasi forma di sentimentalismo e non parla mai della perdita. Per lei l’assenza di cianfrusagllie in una casa è un problema sociale, paragonabile alla malnutrizione.
George invece, ha cinquant’anni non ha più un lavoro ed è ossessionato dalla voglia di farsi. Un uomo assalito dalla paura di non farcela che utilizza l’ironia come uno scudo, e una donna pragmatica votata all’altro che scompare ogni giorno sempre di più.
Essere l’unico sostegno di una persona incapace di riconoscere se stessa non è una cosa facile. Catapultato dalla vita dissoluta che conduceva in quel di Manhattan in una cittadina del Midwest, George si trova alle prese con questa donna tanto testarda quanto volubile che trasforma ogni giorno in una costante battaglia.
Betty è ostinata; fa il bucato in continuazione ma indossa jeans sporchi, si rifiuta di uscire quando non ne ha voglia, compra scarpe dell04o stesso numero di quando era giovane, ma preferisce indossare le sue vecchie Mephisto piuttosto che mettere quelle nuove.
Dopotutto i piedi rappresentano il piccolo territorio rimasto ancora di sua proprietà.
George oltre alla madre cerca di proteggere anche le rose del loro giardino, accudite dalla famiglia per decenni: prova a dar loro una possibilità nonostante la siccità.
Ma, per sua stessa ammissione, prendersi cura dei fiori o delle persone non è mai stato il suo forte. George rischia di perdere le staffe e più volte arriva al punto di arrendersi perchè ha paura.
Gli equilibri delicati del microcosmo di “Io e Betty”
“Io e Betty” è un esempio concreto di come talvolta i rapporti fra madre e figlio possono essere complicati, e di come certi cambiamenti generazionali acuiscono tali problemi.
George Hodgman consegna ai lettori un racconto personale senza negarsi mai.
Scorrendo le pagine, i suoi stati d’animo sono descritti con estrema franchezza: dal continuo desiderio di assumere xanax (soprattutto nei momenti più difficili con la madre), all’ammissione di avere qualche “crepa”, qualche pezzo mancante.
Le sue emozioni sono la cosa più delicata che possiede e ce le mostra.
L’omosessualità è riportata come elemento di scontro continuo. L’autore non la pone mai in dubbio, ma come causa principale della frattura del rapporto con i genitori, la famiglia, gli amici e sè stesso. Come se dal fatto di essere omosessuale dipendessero tutte le più grandi delusioni della sua vita.
Betty non comprende le esigenze del figlio; per lei la sessualità o gli affetti non hanno mai preso vie diverse da quelle che le sono state insegnate. E quando ammetterà di avere sempre taciuto col marito sulla “condizione” del figlio, George si sentirà ancora più ferito.
Due anime alla deriva “tenute insieme” dalla malattia
Leitmotiv del romanzo, la malattia è analizzata sotto tutti gli aspetti: c’è quella di Betty che ne devasta il fisico e la mente, e quella di Geroge legata alla dipendenza dalla droga e all’omosessualità sia come “patologia” che come via preferenziale per l’aids.
Un libro che è anche un viaggio nei sentimenti e che ci fa capire che il legame indissolubile tra una madre e un figlio è destinato a non spezzarsi mai. Betty ama suo figlio e lo vuole avere vicino ma detesta ammetterlo. George, dissipati i vecchi rancori, vuole fare il possibile per aiutarla per assicurarsi che trovi una faccia familiare allo specchio, anche quando tutto il resto non lo è. Un viaggio come quello di certi vecchi film, come una moderna Daisy che si fa scorrazzare dal suo fidato editor gay decostituito.
Prova una tale frustrazione, una tale vergogna. Vorrei andare da lei e abbracciarla, ma si ritrarrebbe subito.
«Sei la mia amica del cuore» le dico.
«Davvero?» chiede.
«Sai che non vorrei mai una di quelle adorabili vecchiette» dico.
La narrazione è composta da vari racconti di vita quotidiana presente e passata come una sorta di puzzle, a discapito spesso però di una certa linearità. In alcuni momenti infatti si è costretti a tornare su passi già letti.
Detto questo, è un romanzo coinvolgente, ironico e ben scritto.