Gli anni della leggerezza di Elizabeth Jane Howard
Gli anni della leggerezza…un piccolo salto nella borghesia inglese
Ho una passione: i romanzi ambientanti nel passato; per contro, detesto i libri troppo descrittivi, perché limitano la mia immaginazione e mi affaticano la lettura; inoltre io non sono il tipo che se, leggendo, s’imbatte in termini mai incontrati finora, tipo “sedie Chippendale” o “nastro di gros-grain” continua nella lettura, come se niente fosse, considerandoli dettagli di poco conto; al contrario, mi fiondo immediatamente al PC per un’accurata ricerca.
Tanto è accaduto con “Gli anni della leggerezza”, che in parecchie occasioni mi ha costretto a posare il libro, per darmi la possibilità di approfondire le ricerche, rallentando non di poco il ritmo e il piacere stesso della lettura.
Beh, se al contrario, conoscete i tessuti, le stoffe, gli arredamenti usati negli anni Trenta, allora non potrete che rimanere colpiti dall’accuratezza dimostrata da Elizabeth Jane Howard, nella sua saga sulla famiglia dei Cazalet dal titolo “Gli anni della leggerezza” tradotto da Manuela Francescon per Fazi Editori.
Accomodiamoci nel salotto buono dei Cazalet
Chi sono i Cazalet? Sono i membri di una famiglia dell’Inghilterra bene, sopravvissuta, come molte altre, alla prima guerra mondiale, portandosi dietro i suoi strascichi, con i suoi pro e i suoi contro; siamo , in un epoca fatta ancora di maggiordomi, domestiche e di argenteria tirata a lucido, quando le apparenze sono importanti e i drammi familiari devono essere consumati lontano da orecchie indiscrete e dall’opinione della gente.
Siamo nei primi anni Trenta, durante i quali il sesso era roba solo per gli uomini e le donne, almeno quelle perbene, non dovevano interessarsene…
Ed è in questo contesto che Elizabeth Jane Howard ci introduce nella famiglia Cazalet.
Due fratelli, Hugh ed Edward, sono rientrati dalla guerra, ognuno riportando a casa un fardello e un dramma personale. Hugh è il primogenito: la guerra gli ha portato via una mano e conficcato nella testa delle schegge, che gli procurano delle fitte tanto dolorose da rendere precario e ballerino non solo il proprio lavoro nell’azienda di famiglia, ma soprattutto trascina in un limbo di attese il rapporto con la moglie Sybil, con la quale ha avuto tre figli (Polly, Simon e William).
Lo stesso Edward lavora nell’azienda familiare, ma il suo temperamento molto più intraprendente, lo rende instabile e alla costante ricerca di un nuovo approdo femminile; non sembrano bastargli infatti il solo affetto della moglie Viola e dei suoi tre pargoli Louise, Teddie e Lydia, tanto da finire spesso per consolarsi nel letto di numerose amanti.
L’altro fratello è Rupert, pecora nera della famiglia, che ha scelto di intraprendere la via dell’arte, con la vana speranza di diventare un pittore e che a seguito della morte della sua prima moglie Isobel (con cui ha avuto Clary e Neville), si è risposato con Zoe, una donna dalle frivoli tendenze.
A completare il quadro familiare è la sorella Rachel, colei che ha sacrificato tutto (la sua vita, i suoi amori, le sue passioni) per dedicarsi ai genitori William e Kitty.
La guerra unisce, separa e smaschera
Sembra solo foschia, eppure il timore di un secondo conflitto mondiale non pare più così lontano, tanto da convincere tutti i membri della famiglia a trovare riparo nella villa di campagna e stare più al sicuro dalle bombe (semmai dovessero arrivare). Ed è proprio lì, nella loro tenuta estiva, che accade l’inevitabile: ognuno inizia a far calare la propria maschera fatta di sola apparenza per rivelare le proprie personali miserie.
Così, ti ritrovi inevitabilmente coinvolto nelle dinamiche di una famiglia tanto disgregata, quanto solo all’apparenza unita e, in alcuni casi, persino a prendere le parti di alcuni, a discapito di altri.
Il romanzo di Elizabeth Jane Howard ha un’elevata dose di descrizioni, a cui fanno da contraltare dei dialoghi misurati e pressoché assenti, soprattutto nella prima parte. La scarsità di dialoghi mi ha reso l’approccio al testo un po’ ostico, ma , lo ripeto, questo è un mio limite.
Perché giunta all’ultima parola del romanzo, ho capito di aver terminato un gran bel libro, il primo di quattro volumi, che spero avrò l’occasione di leggere…certamente con un altro spirito.