Il matrimonio di mio fratello di Enrico Brizzi
“Il matrimonio di mio fratello” è il nuovo romanzo di Enrico Brizzi, scrittore bolognese approdato nelle librerie nel 1994 con “Jack Frusciante è uscito dal gruppo”, che vanta al suo attivo traduzioni in diverse lingue e una trasposizione cinematografica con un film di altrettanto successo, nel 1996.
È proprio nella sua città, Bologna, che Enrico Brizzi ambienta il suo ultimo lavoro, disponibile in libreria dal Novembre 2015 per la casa editrice Mondadori.
Due fratelli, due vite
Figli di un avvocato e di una commercialista, Max e Teo conducono una vita tranquilla e agiata nella loro città: li separano una manciata di anni, ma soprattutto due caratteri estremamente diversi che, come accade tra fratelli, spesso sono motivo di incomprensioni e disagi.
Max è un ragazzino vivace e caparbio, a tratti ribelle che rigetta le convenzioni, animato da un desiderio di libertà e, soprattutto, da una grande passione per la montagna. Così a soli vent’anni, si arruola nel corpo degli Alpini, nonostante l’amarezza dei genitori che per lui aspiravano a una brillante carriera universitaria. Questo sarà solo il primo passo di una lunga e prodigiosa carriera come scalatore esperto.
Al contrario del fratello maggiore, Teo è un ragazzetto timido e introverso che non sente alcuna esigenza di evadere o rincorrere le proprie ambizioni; si accontenta di sopravvivere senza esser costretto a doversi impegnarsi eccessivamente. Così, ottenuta la Laurea che potesse garantirgli un lavoro già sicuro, si ritroverà a curare le pubbliche relazioni dell’azienda in cui il padre lavora da oltre trent’anni.
“Il matrimonio di mio fratello” è un percorso a tappe
La voce narrante del libro è quella del trentanovenne Teo che, durante un estenuante viaggio in macchina per quasi l’intera penisola, ripercorre le tappe della propria vita, partendo dall’infanzia, condivisa col fratello Max, ex alpinista di mestiere che, dopo aver tentato l’impossibile scalata su una delle vette più alte al mondo, si ritrova a vivere un’esistenza frustrante, ai limiti dell’eremitaggio, sulle montagne dell’Adige.
Ed è proprio Max la ragione del viaggio di Teo lungo lo Stivale e le continue preoccupazioni che ancora è in grado di procurare alla propria famiglia, governato com’è da un’imprudenza di fondo che sembra non averlo mai abbandonato, nonostante i quaranta ormai passati, un matrimonio fallito alle spalle e due figli da mantenere e crescere.
La narrazione del libro segue due tempi differenti: se da un lato Teo racconta con minuzia del particolare il viaggio notturno verso il fratello, dall’altro si lascia andare ad ampissimi flashback a ripercorre la propria vita e il contesto politico e culturale degli eventi che l’hanno caratterizzata, lungo i quarant’anni della propria storia. Nel romanzo, infatti, non sono raccontate unicamente le vicende della famiglia Lombardi ma quelle dell’Italia intera, dagli anni 70 ai giorni nostri. I costanti i riferimenti al periodo politico e ai progressi tecnologici segnano il passo del racconto: il boom economico, gli scandali di Tangentopoli, la discesa in campo di Berlusconi, per arrivare fino al governo Renzi.
Perché, in fondo, la vita di ognuno di noi, direttamente o indirettamente, è sempre condizionata dal contesto.
“Il matrimonio di mio fratello” colpisce sia per la storia raccontata in maniera affascinante e reale che per il suo carattere introspettivo: Teo analizza il proprio rapporto con il fratello in maniera profonda, rivedendosi prima bambino a idolatrare Max e il suo carattere deciso e anticonformista, adesso adulto e stanco, quasi pronto a compatirlo…
In queste pagine, Enrico Brizzi deposita tutta la propria carica descrittiva: nessun luogo, episodio o personaggio viene menzionato col puro scopo di rimpolpare la narrazione ma, al contrario, a ogni tassello è dedicata una lunga carrellata di aggettivi e similitudini, quasi l’autore volesse fornire al lettore un’immagine nitida del racconto, senza lasciar spazio all’immaginazione.
In questa estrema verve illustrativa rientra anche la lunga lista di excursus storici, non sempre necessari, che, dal mio punto di vista, rendono lo stile complesso e, a tratti, inutilmente prolisso.
Per questo credo che il libro ben si adatti a quel pubblico attento, che riesce a mantenere alta la concentrazione anche tra le infinite divagazioni dell’autore.