“Boy, Snow, Bird” di Helen Oyeyemi
Ed ecco il quinto romanzo della giovane Helen Oyeyemi: “Boy, Snow, Bird” un racconto a due voci immerso nella realtà cinica e razzista dell’America anni Cinquanta.
Il contesto razzista
Nel corso del diciannovesimo secolo gli Stati Uniti d’America, assistettero a un aumento vertiginoso dei flussi migratori, provenienti per la maggior parte dall’Europa meridionale. Nel tentativo di monitorare le razze, furono creati degli espedienti per chiarire chi fossero i “bianchi” distinguendoli dai nuovi arrivati, dando vita così a una sorta di gerarchia delle razze, il cui vertice era fieramente destinato ai cosiddetti “caucasici”. Chiunque non rientrasse tra i “bianchi”, vide negarsi i diritti civili, come i “matrimoni misti”, proibiti in molti Stati americani.
Solo con gli anni Sessanta, in seguito all’abolizione delle leggi di segregazione razziale si diede l’avvio al cammino verso la civiltà.
Il racconto di “Boy, Snow, Bird”
È in questo contesto che, molti anni prima che i neri o gli omosessuali potessero ottenere qualsiasi tipo di diritto, nel 1930 nasce Boy Novak, nel Lower East Side di Manhattan.
Ma questo non rappresenta certo un problema (almeno non per adesso) per Boy, che è una ragazza dalle lunghe trecce biondo ghiaccio e dalla carnagione di un colorito che verte su nuance talmente chiare da sembrare semi-esangue. Sveglia quanto basta da fingere di apprendere meno di quanto facesse in realtà, Boy ha un carattere forte e determinato, con, nel cuore, un segreto soffocante. Il padre, che di mestiere fa il derattizzatore, la picchia costantemente, la umilia, per una sorta di addestramento alla vita. A vent’anni decide di fuggire dal suo carnefice e con le mani perennemente affondate nelle tasche, giunge a Flax Hill, la “collina di lino” dove Boy fa amicizia con Mia Cabrini, estrosa giornalista sempre a caccia di storie, e con Arturo Whitman, padre di una bimba di nome Snow. Boy e Arturo non riescono a tollerarsi e forse proprio per questo motivo, finiscono per convolare a nozze. Essere la matrigna di una bambina come Snow sembra essere la cosa più facile del mondo. Ma la nascita della primogenita della coppia, Bird, rimescola le carte in tavola, complicando in maniera decisa gli equilibri della famiglia.
In maniera del tutto inaspettata, Boy scopre di far parte di qualcosa per la quale non era assolutamente pronta.
Il mondo che la circonda sembra aver assunto un aspetto diverso e Snow diventa un ostacolo alla propria serenità.
Uno shock scoprire che i Whitman altro non sono che il risultato di un attento studio di procreazioni, sposatisi per perfezionare alcuni caratteri chiave, con particolare attenzione al colore della pelle e alla consistenza dei capelli.
La fiaba triste dell’America perduta
La tematica della diversità è la prima costante del romanzo. La protagonista scoprirà cosa significa essere una persona di colore, la discriminazione fra coloro che appartengono alla stessa razza e, soprattutto, come crescere una figlia che ne fa parte.
La seconda costante è lo specchio. L’interiorità dei personaggi viene svelata attraverso un gioco di specchi, che mostra, per poi nasconderli, gli aspetti più intimi delle loro personalità.
Boy, Snow, Bird hanno tutte un rapporto unico e intimo con lo specchio; ma non per vanità. Si va dall’erotico (in senso lato), al ludico, fino alle “realtà” create dalle abili mani di Morfeo. Per tutte lo specchio rappresenta l’unico modo per capire ciò che queste tre donne sono veramente, anche, e perfino, a dispetto di loro stesse che non ne comprendono a pieno il significato.
“ Specchio: [spèc – chio] sostantivo maschile:
2. La medesima superficie riflettente posta entro una cornice. In un contesto domestico tale superficie assume una personalità imperscrutabile (forse maliziosa e/o amorale) e rimanda immagini convincenti ma al tempo stesso contrastanti del medesimo oggetto, mettendo di conseguenza fuori strada l’osservatore.”
Biancaneve e lo specchio delle brame è il nesso fiabesco che salta subito alla mente. Non solo perché anche il concetto della bellezza è trattato in maniera imperante, ma anche perché Boy si trasforma in una sorta di matrigna cattiva che arriva perfino ad allontanare Snow (Snow White) dal padre.
Le fiabe e i racconti inoltre, sono disseminati in molte pagine del romanzo e inseriti utilizzando gli espedienti più vari.
Struttura e stile di “Boy, Snow, Bird”
Il libro è suddiviso in tre parti, ognuna delle quali è narrata dal punto di vista ora di Boy, poi di Bird, e infine ancora di Boy. Un metodo questo che permette una visuale a trecentosessanta gradi su quello che ci viene raccontato. A questo va aggiunto che il tempo della narrazione è lineare. Ne consegue che ogni racconto “personale” consente di procedere nella vicenda in linea retta senza sovrapposizioni, semplificandone la comprensione.
Lo stile è semplice e privo di orpelli stilistici, ma intelligente e ironico. Non si tratta di un romanzo banale, al contrario; è talmente ricco di tematiche importanti e colpi di scena, che non ho potuto dire molto di più per non rischiare di compromettere la trama ad un futuro lettore.
La giovane scrittrice britannica Helen Oyeyemi, nata in Nigeria nel 1984 e laureata in Scienze politiche a Cambridge, con questo suo quinto romanzo è arrivata tra i finalisti al Los Angeles Times Book Prize del 2014.
Con “Boy, Snow, Bird” Helen Oyeyemi è riuscita a creare qualcosa di unico nel suo genere, un romanzo come non mi capitava da molto tempo. Unica pecca, il finale eccessivamente sospeso. Chissà magari l’autrice ha intenzione di farne un seguito…speriamo!