“Delitto e castigo” di Fëdor Dostoevskij
Un romanzo universale
Pilastro della letteratura mondiale e portato in ristampa da Feltrinelli nel 2013, “Delitto e castigo” è un romanzo “universale”, capace di mettere a nudo i tormenti dell’animo umano.
In una Pietroburgo soffocata dal caldo estivo, l’ex studente Rodion Romanovič Raskol’nikov, si aggira per i sobborghi della città con in testa un piano diabolico. Ha infatti deciso da tempo di uccidere Alëna Ivanovna una vecchia usuraia alla quale aveva dato in pegno molti dei suoi oggetti.
Il delitto è pianificato nei minimi dettagli, ma accade un imprevisto. Qualche minuto dopo aver ucciso l’anziana Ivanovna ecco che la sorella più giovane, Lizaveta, fa la sua comparsa sulla scena. Rodion, colto di sorpresa, decide di massacrarla con la scure.
Il senso di colpa e i moti dell’anima
Il piano del giovane Rodion sembrerebbe perfettamente riuscito, quando una sorta di “febbre cerebrale” costringe a letto lo studente, spossato da svenimenti e vagheggiamenti, che spingeranno il protagonista verso un isolamento, forzato dal logorante senso di colpa, che lo porterà a consegnarsi alla giustizia.
È lo stesso Dostoevskij a definire il suo romanzo come il “resoconto psicologico di un delitto”, un’indagine fin nei minimi dettagli delle motivazioni che hanno spinto il giovane Raskol’nikov a compiere un gesto tanto abominevole, quanto programmato: il protagonista stesso sviscera le ragioni del proprio percorso interiore che lo hanno portato a uccidere.
Il tutto è abilmente intrecciato con le storie personali di un variegato gruppo di personaggi, che si avvicendano durante l’intero percorso post delictum del protagonista, sullo sfondo di una Russia pervasa da vizi e virtù. Il delitto e il castigo si compiono e si risolvono solo in Rodion, quasi fossero l’estremizzazione di ciò che una persona può arrivare a compiere pur di creare il proprio spazio nel mondo, e il suo conseguente fallimento. Non c’è però alcuno spazio per il pentimento. Raskol’nikov, deportato in Siberia, continua a credere nei motivi che hanno mosso la sua mano sulla scure.
Rodion ovvero del Napoleone fallito
Prova una “repulsione ostinata e rabbiosa” non per l’atto in se stesso, quanto per il modo in cui la sua mente e il suo fisico hanno reagito, divorandolo dall’interno. Per questo motivo si sente un debole, un “Napoleone fallito”, un uomo che ha compiuto quanto necessario, ma che non ha saputo reggere il colpo.
Sof’ja Semënovna, la dolce e “tragica” figlia di Marmeladov, sarà la prima a ricevere la confessione del protagonista e a spingerlo a costituirsi; ma nemmeno lei, incarnazione dell’antitesi di Rodion, riuscirà a risvegliare in lui un vero sentimento di redenzione.
L’arte di emozionare ad arte
Il lettore è immerso totalmente in questo thriller psicologico elaborato ad arte, dove i sospetti, gli intrighi e i colpi di scena, trascinano a pieno titolo nella letteratura di genere poliziesco. Scritto in terza persona, con
un’alternanza dei flashback del protagonista, presenta una struttura semplice (sei parti più epilogo), con elementi descrittivi ridotti al minimo a favore di uno spazio in più per l’analisi psicologica dei personaggi. Un libro impegnativo per la mole di pagine (circa settecento) ma mai noioso.
Vale la pena recuperare questo grande classico della letteratura ottocentesca russa perchè nessuno (o quasi) ne rimarrà deluso.
Ma anche in passato sarebbe stato pronto mille volte a dare la propria vita per un’idea, per una speranza, persino per una fantasia. La semplice vita per lui era sempre stata poca cosa; aveva sempre voluto di più. Forse proprio per la forza dei suoi desideri s’era allora considerato un uomo al quale fosse permesso più che a un altro.