“L’uomo che veniva da Messina” di Silvana La Spina
C’è un mistero nella vita di Antonello da Messina, anzi, tanti misteri; se ne dice sicura Silvana La Spina, autrice padovana, di padre siciliano, nel romanzo “L’uomo che veniva da Messina”, novità assoluta per Giunti, 350 pagine, 18 euro. L’intero arco dell’esistenza del Messinese racchiuso in un’opera narrativa basata su tanta fantasia della scrittrice e non altrettanti dati certi. Resta infatti ignota gran parte dell’esistenza del pittore che introdusse in Italia la tecnica fiamminga della pittura ad olio. Nel romanzo, è lo stesso Antonio degli Antoni a raccontare la sua vita, sul letto di morte a Messina, dove è tornato a spegnersi. Per consunzione, dice, perché la peste dilagante in quel 1479 lo ha risparmiato.
Torna dunque alla nascita, nella città sullo Stretto, in una famiglia patriarcale retta dal nonno armatore di un’imbarcazione da commercio.
Nessuno può piegare il giovane Antonello all’obbedienza: il senso di ribellione ed il temperamento sanguigno lo spingono a contrastare il volere del nonno che gli aveva proibito di frequentare Venera, comprata dalla famiglia al mercato degli schiavi, quando ancora era una bambina, poi cresciuta e accudita dalla nonna, nell’attesa di liberarla e sposarla. Il nonno, però, considerava Venera una sua proprietà: l’aveva sedotta all’età di dodici anni e, nonostante lo sdegno della moglie, continuava a sfruttarne le carni, generando rumori notturni destinati a risvegliare i bollori del giovane Antonello.
Venera fece solo il gesto di spostarsi nel letto e mi diede la possibilità di sdraiarmi con lei. “Almeno tu sei giovane e bello”, furono le sue uniche parole.
Anche il padre, mediocre scalpellino e piccolo imprenditore, gli impartisce divieti, a suon di botte, proibendo al ragazzo di dimostrare la propria attitudine al disegno; Antonello però è ostinato e continua ad abbozzare tratti sui fogli, tanto essere notato da due pittori stranieri, che vorrebbero Antonello come aiutante nella creazione del Giardino delle Delizie, causando un forte scontro con il padre.
“È mio figlio e lo voglio con me, sono il padrone della sua vita e della sua morte.”
“Il suo padrone è Dio, mastro mazzono.E’ stato Dio a donare a vostro figlio le qualità che io e mastro Petrus abbiamo visto in lui”
Così Antonio prende a imparare dagli artisti stranieri; Petrus gli introduce la tecnica esclusiva di mastro Van Eyck, che dipinge a olio. Il ragazzo è curioso, vorrebbe divorare conoscenza e segreti; ma un segreto è un segreto, non è fatto per essere svelato. Per apprendere l’arte fiamminga, Antonello dovrà raggiungere le Fiandre. Per il momento, però, la sua vita gira attorno a Napoli.
Quanti uomini, quante donne, quante vicende nella fervida inventiva di Silvana La Spina. E tanti artisti, città e straordinari scenari prerinascimentali; ma allo stesso tempo, anche tanta miseria e bassezze umane.
Comincia la carrellata di personaggi di contorno che affollano questo romanzo biografico condotto con vivacità. Ragazze, popolane, meretrici, modelle, che per lo più vengono reclutate dai bordelli: volti meravigliosi prestati a soggetti angelici che una volta sulle pareti non tradiscono le basse origini di chi aveva posato. A Napoli c’è Nannarella, una nana coi lineamenti d’angelo, mani piccole e piedi piccolissimi, favorita del grande Laurana. E c’è la bellissima contessa Lucrezia, amante capricciosa del re.
L’ossessione di Antonio, però, resta la tecnica a olio, il grande segreto che Van Eyck si è portato nella tomba; la tecnica è arrivata anche in Italia, ma è applicata in maniera rudimentale: i colori impiegano troppo nell’essiccarsi e si guastano. Il segreto di Van Eyck è l’asciugatura; chi accosta il Messinese alla rivelazione è la figlia dello stesso artista, a Bruges. Si chiama Griet e conosce la tecnica. Una ragazza semplice, ma col più bel viso che Antonello abbia mai visto. Lo affattura, lo conquista: è l’unica che riesce ad amare appassionatamente e per questo in parte la odia.
La stessa autrice ci avverte che, innanzitutto, questo è un romanzo, in cui la verità cede il passo alle esigenze del romanzo, la storia vera si piega alla narrazione. Del vero Antonello si sa molto poco, avverte. Prima che la sua grandezza ottenesse giustizia, le sue opere sono state attribuite ad altri per molto tempo.
Per altri versi, il messinese rappresenta tutti i siciliani che sono fuggiti dalla loro terra e che vi sono tornati, a morire in pace.