“Delitto e castigo” di fedor Dostoevskij
Uno dei romanzi che ho sempre voluto leggere ma da cui sono sempre stata molto intimorita è Delitto e castigo di Fedor Dostoevskij. Mi sono finalmente decisa grazie ad un gruppo di lettura a cui sto partecipando e che mi ha regalato molte volte l’occasione di leggere grandi classici come questi.
All’inizio di un luglio straordinariamente caldo, verso sera, un giovane scese per strada dallo stanzino che aveva preso in affitto in vicolo S., e lentamente, come indeciso, si diresse verso il ponte K.
Delitto e castigo è un grande classico della letteratura russa e mondiale. Pubblicato nel 1866, racconta la storia di Rodion Romanovic Raskol’nikov, un ex studente 23enne, il quale, per risolvere la situazione di povertà estrema nella quale vive (almeno apparentemente sembra essere questa la motivazione), decide di commettere un omicidio. La sua vittima è una vecchia usuraia a cui lui stesso aveva impegnato i propri gioielli di famiglia per poter sopravvivere, e la sorella, colpevole di essere tornata a casa nel momento sbagliato (ossia quando l’omicidio si stava ancora consumando). L’intero romanzo, dunque, racconta l’organizzazione e la realizzazione di quest’omicidio, ma anche le conseguenze emotive, fisiche e psicologiche che questo ha avuto sul protagonista.
Aveva poca strada da percorrere; sapeva persino quanti passi separavano il portone di casa sua dalla sua meta: settecentotrenta esatti. Una volta li aveva contati, un giorno in cui ci aveva fantasticato su parecchio. A quell’epoca non credeva ancora a quei suoi sogni, e si limitava a esasperarsi per la loro spregiudicatezza scandalosa ma seducente. Adesso invece, a un mese di distanza, aveva già cominciato a considerare le cose in tutt’altro modo e, a dispetto di tutti i monologhi pungenti a proposito della propria impotenza e indecisione, s’era ormai quasi controvoglia abituato a considerare quel sogno “scandaloso” come un’impresa, anche se continuava a essere il primo a non avere fiducia in sé. Adesso si stava persino recando a fare una prova di quell’impresa, e a ogni passo la sua agitazione si faceva sempre più violenta.
In realtà, Delitto e castigo è un romanzo talmente complesso da avere infinite chiavi di lettura e credo che sia proprio questo il suo punto di forza. In fondo, in questo romanzo ogni lettore può leggere ciò che vuole: da un ritratto della realtà economica e sociale della Russia nel 1865, anno in cui il romanzo è ambientato, ad un analisi delle grandi questioni etiche, fino ad una semplice storia che abbia come scopo quello di intrattenere il lettore.
Personalmente ci ho messo un po’ ad apprezzare questo romanzo, che in alcuni tratti ho trovato essere molto pesante, poco scorrevole e spesso ripetitivo. Credo, quindi, che non si tratti di una lettura piacevole ma, di una lettura impegnata e consapevole che mi sento di consigliare solo a chi è veramente appassionato di letteratura ed è consapevole che, un po’ come succede con tutti i grandi classici, il significato profondo di una storia si rivela sempre alla fine e per vie misteriose.
[…] Non ho ucciso per aiutare mia madre, questa è una sciocchezza! Non ho ucciso per diventare un benefattore dell’umanità una volta in possesso dei mezzi e del potere. Sciocchezze! Ho ucciso semplicemente; ho ucciso per me, per me solo; e se fossi potuto diventare il benefattore di qualcuno, oppure uno che per tutta la vita, come un ragno, intrappola la gente con la sua ragnatela per succhiar loro il sangue, a me, in quel momento, non me ne sarebbe dovuto importare nulla!… E, soprattutto, non mi erano necessari i soldi, Sonja, quando ho ucciso; non mi erano necessari i soldi, quanto piuttosto qualcos’altro… E tutto questo adesso lo so… Cerca di capirmi: forse, se dovessi ripercorrere la stessa strada, non commetterei più quel delitto. Avevo bisogno di sapere altre cose, era altro che mi incalzava, allora: allora dovevo sapere, e saperlo in fretta, se ero un pidocchio o un essere umano.