Se il sole muore di Oriana Fallaci
Se il sole muore di Oriana Fallaci, pubblicato nel 1965 da Rizzoli, è un reportage che la giornalista scrisse in occasione dello sbarco dell’uomo sulla Luna – inviata per L’Europeo – dopo aver trascorso più di un anno negli Stati Uniti, dividendosi tra gli uffici della NASA, le basi spaziali disseminate in tutto il Paese e stringendo rapporti sempre più fraterni con gli astronauti, rappresentanti di un mestiere appena inventato e attorno al quale cresceva sempre di più una forte curiosità. In particolare, il viaggio della Fallaci nacque da un confronto con il padre: mentre la donna era entusiasta all’idea della missione dell’uomo sulla Luna, lui non era per niente d’accordo, ritenendo che «gli uomini avranno sempre gli stessi problemi, sulla Terra come sulla Luna». E questo confronto è fondamentale, credo, per la riuscita del libro.
Se il sole muore, infatti, non è un semplice reportage giornalistico, ma è un vero e proprio diario di un viaggio, durante il quale la Fallaci si confronta con un mondo prima sconosciuto: la tecnologia che sembra invadere ogni livello della vita personale, le galassie che improvvisamente sembrano a portata di mano e una nuova era, quella spaziale, che riempie gli uomini di promesse e regala sogni. E l’immersione in questo mondo avviene sempre in un continuo dialogo con il padre, un dialogo nel quale passato e presente si mischiano, fino al punto in cui l’unica risposta possibile, quella più logica e inevitabile, è solo una: il futuro. Lungo il suo viaggio Oriana Fallaci capisce (discostandosi così da quello che è il pensiero del padre), che l’unica strada possibile per gli uomini è guardare al futuro e tutto ciò che questo comporta.
Personalmente questo libro mi è piaciuto molto, nonostante la lunghezza un po’ esagerata che rischia di far calare l’attenzione, soprattutto in alcuni passaggi. D’altra parte non so dire se Se il sole muore avrebbe avuto lo stesso significato pressato in un numero di pagine minori. Ma al di là di questo, uno degli aspetti che sto imparando ad amare della scrittura della Fallaci è la tendenza a raccontare ogni evento (poco importa se si tratti di semplici interviste o di un evento storico come lo sbarco sulla Luna) da un punto di vista estremamente personale. La giornalista non solo racconta un evento, ma racconta la sua esperienza di quell’evento, portandolo ad un livello del tutto personale e rendendone la narrazione, in quanto tale, unica. In questo modo il lettore ha l’occasione non solo di vedere tutto attraverso i suoi occhi, ma anche di condividere i suoi pensieri e le sue emozioni, condividendo un percorso di conoscenza e di comprensione. Credo che tale modalità di narrazione sia la chiave vincente di questa giornalista.
I libri di Oriana Fallaci
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