Gli eroi della guerra di Troia in un mondo senza tempo
Scritto Da EffeElle il 13 Settembre 2015
Una nuova passeggiata tra i miti greci con Giorgio Ieranò, un’altra avventura tra gli dei dell’Olimpo e i guerrieri dell’Ellade: Gli eroi della guerra di Troia, sempre per i tipi Sonzogno, 236 pagine 16 euro. Storie affascinanti, che tutti conoscono fin da bambini, di divinità irascibili e piene di difetti, di uomini coraggiosi e pavidi, di donne bellissime, raccontate in una versione inedita, che fa dimenticare quanto siano lontane nel tempo. Duemila anni circa prima dell’era cristiana, altrettanti dopo, fanno la bellezza di quattro millenni di leggende che hanno accompagnato lo sviluppo della civiltà europea. Sono le pietre angolari su cui è cresciuto il vecchio continente, la cui cultura ha radici orali. Omero declamava a memoria le composizioni in versi e qui sorge la domanda: la tradizione omerica rievoca eventi storici effettivamente accaduti, sia pure non nella maniera epica cara al poeta cieco, oppure è nata solo dalla fervida fantasia di una straordinaria per quanto remotissima tradizione popolare? Insomma, quel conflitto sulle coste dell’Ellesponto si è mai verificato? In un saggio del 1954, lo storico Moses Finley ha coniato la definizione più efficace:
la guerra di Troia è un evento senza tempo che fluttua in un mondo senza tempo.
È l’approccio corretto per affidarsi all’intelligente rilettura di scontri, amori e furori intorno al fiume Scamandro, nella penisola anatolica, guidati dalla scrittura brillante del docente di letteratura greca nell’università di Trento, non nuovo a questi racconti. Senza pretendere di distinguere verità o fantasia e senza pruderie da eruditi a tempo perso, è piacevole farsi cullare da storie tanto più antiche dei nostri antenati più antichi.
Viaggeremo con Elena che nasce da un uovo, con Aiace reso folle da Atena – spiega Ieranò – con Ulisse minacciato da ciclopi e sirene. Eroi che forse non sono mai esistiti, ma vivono da sempre nella nostra immaginazione, personaggi che forse non sono mai vissuti, m,a di sicuro non sono mai morti.
Leggende e curiosità divertenti a parte, giova sgombrare il campo da un’altra questione, anch’essa superflua. La rivalità tra achei e troiani non ha niente a che fare col successivo scontro tra Occidente e Oriente nel Mediterraneo, ancora meno con quello tra Europa e Islam, che qualcuno ha voluto vedervi anticipato. In Omero, i greci e loro alleati somigliano fin troppo agli abitanti di Ilio e affini: identici vizi, analoghe virtù, stessa lingua, stesse divinità, stesse armi e modo di combattere. Il tracollo delle fortune di Troia e dei discendenti di Dardano, fa notare Ieranò, comincia con la nascita di Paride, secondogenito dei cento figli e figlie di Ecuba. La madre aveva sognato di partorire un tizzone ardente che avrebbe dato fuoco alla città e gli indovini avevano suggerito a Priamo di eliminare il neonato, esponendolo alle belve sul monte Ida. Così avvenne, ma un’orsa lo allattò per cinque giorni, prima che il pastore Agelao lo raccogliesse e adottasse, avviando senza volerlo la sua gente al destino tragico deciso dal fato. Nel concorso di bellezza tra le dee che ebbe Paride come giudice unico, fu Artemide (Venere) a offrigli l’amore di Elena, la più bella tra le mortali, bianca perché nata da un cigno, levigata perché nutrita con un uovo. Amava condursi spesso nuda e si addestrava di frequente in palestra. Origini ovipare a parte, un soggetto molto moderno, a quanto si vede.
Ma non è la sposa del re di Sparta, Menelao?
Artemide scuote le spalle. E che vuol dire, sciocchezze.
Il giudice sceglie. Indovinate quale dea? Con quei promemoria, come diceva Totò! Donne mortali, superdonne invidiose in cima all’Olimpo, dee, quante famme fatale nella mitologia greca, che non ammette mezze misure: i personaggi sono tagliati con l’accetta, solo buoni o assolutamente negativi, leali o traditori, mirabilmente saggi o del tutto insani. Specie il gineceo femminile, è tutto grandi luci oppure inesorabili ombre: Elena è la “cagna”, Clitennestra adultera e omicida, Ifigenia vittima per eccellenza, Ecuba una provvida fattrice, Cassandra una piagnona inascoltata e un tantino dark. Non si possono citare tutte le bizzarrie sulle quali Ieranò si sofferma. C’è molto humour ma anche qualche pignoleria ad uso e consumo dei più pedanti. Ma si sopravvive anche a queste minuzie, agili e leggere come sono. L’importante è che i lettori si godano il racconto della saga troiana, la storia infinita che da millenni incanta i cuori degli uomini.