Il giardino dei Finzi-Contini di Giorgio Bassani
Il giardino dei Finzi-Contini di Giorgio Bassani è uno di quei romanzi nei riguardi del quale non ho ancora un giudizio ben definito. Non mi va di bocciarlo (diciamo che ho letto di peggio) ma neanche di consigliarlo (sì, devo ammettere che a tratti è stato un po’ noiosetto).
La tomba era grande, massiccia, davvero imponente: una specie di tempio tra l’antico e l’orientale, come se ne vedeva nelle scenografie dell’Aida e del Nabucco, in voga nei nostri teatri d’opera fino a pochi anni fa. In qualsiasi altro cimitero, l’attiguo Camposanto Comunale compreso, un sepolcro di tali pretese non avrebbe affatto stupito, ed anzi, confuso nella massa, sarebbe forse passato inosservato. Ma nel nostro era l’unico. E così, sebbene sorgesse assai lontano nel cancello d’ingresso, in fondo a un campo abbandonato dove da oltre mezzo secolo non veniva sepolto più nessuno, faceva spicco, saltava subito agli occhi. Ad affidarne la costruzione a un distinto professore d’architettura […] risultava essere stato Moisè Finzi-Contini, bisnonno paterno di Alberto e Micòl, morto nel 1863 poco dopo l’annessione dei territori delle Legazioni pontificie al Regno d’Italia, e la conseguente, definitiva abolizione anche a Ferrara del ghetto per gli ebrei.
Pubblicato nel 1962 da Einaudi, Il giardino dei Finzi-Contini è ambientato a Ferrara, negli anni che vanno dal 1929 al 1938. Racconta di una famiglia ferrarese di religione ebraica molto ricca, quella dei Finzi-Contini, con cui il protagonista/narratore (di cui il lettore non conosce mai il nome) entra in amicizia tramite i figli Alberto e Micòl, suoi coetanei. In particolare ci viene raccontato il debole del ragazzo per Micòl, mentre sullo sfondo le leggi razziali preannunciano quella che sarà la fine dei personaggi. Per tutto il romanzo, dunque, si percepisce, forte, lo sfondo della storia: la Seconda Guerra Mondiale, l’ascesa di Hitler, le leggi razziali. Ma tutto rimane, appunto, solamente lo sfondo di una storia di innamoramento adolescenziale che, in realtà, è anche abbastanza banale. Perché sì, questo romanzo a tratti è proprio banale e noioso, ma in qualche modo a me ha colpito. È stato bello e al tempo stesso strano vedere come la vita vada avanti nonostante le previsioni peggiori. È stato come rendersi conto che la Storia, in fondo, è fatta solo di persone comuni che, come noi, vivono la propria vita, fatta di amori, fatiche, gioie e delusioni. Questo romanzo è stato per me una rivelazione. Non lo conoscevo e sono stata molto felice di averlo letto. È chiaro che non è una di quelle storie che ti entra dentro e ti colpisce nel profondo, ma a me il suo messaggio credo sia arrivato.