La tentazione di essere felici di Lorenzo Marone
Cesare Annunziata: o la ami, o lo odi. Ed io… lo amo! Con lui dimenticatevi i vecchietti teneri e dolci.
Un “simpatico” cinico, crudelmente sincero e sociopatico. Wow: sembra il mio ritratto.
“Non c’è niente di peggio di una persona socievole. Cosa c’è mai di tanto spassoso nel conoscere un nuovo individio? Tanto siamo tutti uguali, chi più chi meno, un mucchietto di difetti che passeggia per strada e incontra altri mucchietti simili”.
Decisamente non un marito perfetto e né tanto meno un padre modello.
La Tentazione di Essere Felici di Lorenzo Marone edito da Longanesi è la nostra narrata in prima persona da Cesare Annunziata, un uomo, ormai diventato vecchio che nella solitudine del suo appartamento e nel suo pigro girovagare nella bella città di Napoli, fa i conti col passato, cercando di dare una sua spiegazione agli atteggiamenti del presente. Vivendo in un condominio, cerca in tutti i modo di tenersi fuori dalla vita degli altri, ma questi puntualmente fanno di tutto per coinvolgerlonelle loro di vite. E così conosciamo Marino, il Eleonora, l’infermiera e amante di Cesare; Sveva e Dante, i suoi figli coi quali ha da sempre un rapporto idilliaco (lei tradisce il marito; lui è gay ma non trova il coraggio di dirlo al padre); e infine, conosciamo Emma: la fragile, indifesa, impaurita Emma. È proprio lei che più di tutti smuorerà la dura corteccia che avvolge il cuore di Cesare; in fondo, un suo grande amore portava quel nome.
In un certo modo e per molti versi mi ha ricordato tanto La Coscienza di Zeno di Italo Svevo: fare i conti coi propri demoni del passato, continuare a rischiare e fare tutto il possibile per non arrendersi alla vecchiaia, trovare sempre un buon motivo per alzarsi al mattino, andare a dormire pensando che domani il sole ancora sorgerà. Ho trovato davvero originale questo romanzo. Mentre scorrevano le pagine e conoscevo meglio Cesare, ho pensato a mio nonno (impossibile non farlo) e mi sono ritrovata bambina, quando mi aspettava all’usciva della scuola col mio gatto in grembo, quando cercava di insegnarmi a giocare a scopa o a “leggere” l’orologio. Ma Cesare non è un buon nonno, si sente un pessimo padre ed è consapevole di ciò, ma non fa neanche nulla per rimediare. A tratti provoca antipatia, è quasi insopportabile la sua sfiducia nel prossimo e soprattutto il suo totale disinteresse verso gli altri è urticante. È realmente così o è solo una maschera? Non voglio svelarvi troppo; vi dico solo che “ad ogni azione, corrisponde una reazione”, quindi prima di allontanarlo, chiedetevi perchè è così irrimediabilmente burbero.
È semplicemente una persona onesta (tanto), che dice la verità (troppo) in un modo tutto suo: pane al pane vino al vino, senza troppi giri di parole. Mi è piaciuto tanto il personaggio che ha descritto Marone: l’ho trovato reale, non il solito bamboccione che si lascia incantare dalla prospettiva di una vita migliore. È reale come la vita che vive: reale. Forse è per questo che il romanzo scorre veloce e piacevolmente. Forse un po’ di delusione subentra alla fine. Non so, è come se tutta l’attenzione di Marone, quel essere minuziosamente preciso e coivolgente, si sia esaurita nel capitolo finale, volendo arrivare al punto di fine. Anche se quello è capitolo fondamentale: finalmente si vede cosa c’è sotto la scorza di Cesare.