Una brava ragazza di Mary Kubica
Questi sono i pensieri che perseguitano Eve, una volta constatato che dietro il silenzio di sua figlia si nasconde qualcosa di terribile. Mia Dennett, figlia di un importante giudice, è scomparsa. Il padre James teme che sia solo una bravata che possa mettere in imbarazzo la famiglia. Ed è per questo che incarica l’ispettore Gabe Hoffman di trovare sua figlia.
Una brava ragazza di Mary Kubica (edito da Newton Compton) viene narrato da tre voci, che ci danno la loro versione dei fatti.
C’è Eve, la madre di Mia, che condivide col lettore la sua ansia, la sua paura, l’angoscia che solo una madre può provare quando la sua bambina viene portata via.
Poi c’è Gabe, l’ispettore, che indaga nella vita più o meno decorosa del giudice, scoprendo che dietro la facciata della famiglia colta e facoltosa risiede un uomo che ha quasi rinnegato la figlia minore perchè più dedita all’arte che alla vita politica.
E infine c’è Colin, colui che ha rapito Mia e che, senza sapere perché, decide di salvare, non consegnandola al mandatario del rapimento. Abborda Mia in un locale; l’attrazione è palpabile… ci sarà una love story?
La critica
Quando ho iniziato la lettura, mi aspettavo di leggere anche il punto di vista di Mia. E invece bisogna arrivare fino all’epilogo per ascoltare la sua “voce”. E bisogna dire che una simile scelta cattura maggiormente l’attenzione del lettore, spingendolo sempre più verso il capitolo finale, dove verrà svelato un segreto…
Ho trovato questo libro di una delicatezza disarmante: entrare così a fondo in sentimenti estremamente discordanti tra loro, non dev’essere stato semplice. Eppure esordisce così Mary Kubica, con un thriller che inchioda. La lettura de Una brava ragazza è resa incalzante dall’alternanza, nei capitoli, non solo del punto di vista dei personaggi, ma anche del “tempo”: infatti passato e presente si alternano per dare via via completezza alla storia. C’è il “prima” che riguarda i momenti in cui Mia è in mano al rapitore e il “dopo”, che tratta i momenti difficili che deve affrontare la ragazza una volta tornata a casa.
Soffrendo di una forma di amnesia, ha dimenticato totalmente i mesi in cui era prigioniera di Colin, dimenticando anche il suo vero nome. Ora pensa di chiamarsi Chloe.
Io non sono una grande amante dei thriller anche perché sono abbastanza paranoica e preferisco i romanzi “leggeri” o i fantasy (dove anche se leggo di qualcosa di terribile, so per certo che fate e gnomi non esistono), eppure ho lasciato questo libro solo quando sono giunta al termine. C’è anche da dire che non ci sono momenti di suspense strappa fiato, nel senso che è tutto molto controllato. Quindi è poco indicato a chi invece va alla ricerca di forti emozioni.