L’ora di tutti di Maria Corti, la storia degli Ottocento Martiri di Otranto
L’ora di tutti è un romanzo di Maria Corti, pubblicato nel 1962. Si tratta di un romanzo che può giustamente essere considerato storico, in quanto racconta l’assedio della città di Otranto, nel Salento, nel 1480 ad opera dei Turchi, in seguito al quale furono decapitati 800 otrantini. Ma in realtà racconta di un evento storico romanzato, dove la Corti, grande amante del Salento, dà voce ad alcuni dei protagonisti di questa tragica vicenda.
La storia viene, infatti, raccontata tramite cinque personaggi diversi, ognuno dei quali racconta la vicenda dalla propria esperienza personale, narrando di Otranto e del suo territorio, l’assedio, la guerra ed infine la rinascita. Il primo a parlare è il pescatore Colangelo, il quale si ritrova sulle mura della città nel tentativo di difenderla, ed è proprio lì che morirà, diventato il simbolo di tutti quei pescatori e contadini divenuti all’improvviso soldati. Il secondo personaggio è il Capitano Zurlo, governatore di Otranto, il cui compito è quello di guidare la difesa di una città che non gli appartiene e per la quale morirà.
Il terzo personaggio è una donna, l’unica a dire il vero. Si tratta di Idrusa, giovane vedova otrantina, guardata da tutte le altre donne del paese con diffidenza perché coraggiosa e irrequieta, la quale muore strappando un bambino dalle grinfie dei Turchi. Nachiria, anch’egli pescatore, riesce a sopravvivere alla guerra per poi essere decapitato sul Colle della Minerva insieme ai suoi compaesani. L’ultimo personaggio è Aloise De Marco, il quale ci racconta una Otranto rinata e gioiosa, dove il ricordo degli Ottocento Martiri (santificati il 12 maggio 2013 da Papa Francesco) è vivo nella memoria di tutti.
La critica a L’ora di tutti
Trovo che Maria Corti sia stata molto in gamba nel raccontare una storia vera dal punto di vista dei suoi protagonisti. Tramite la scelta di un linguaggio semplice, insieme a qualche inflessione dialettale, e le mille descrizioni dei paesaggi ha reso il tutto più realistico, dandoci come l’impressione di essere lì anche noi, in quelle vite semplici e genuine e in un’epoca di cui conosciamo veramente poco.
Da Otrantina e amante di questa città, probabilmente mi viene difficile dare un giudizio neutrale su questo romanzo, perché dentro di me ho riconosciuto ogni stradina, ogni onda cristallina, ogni soffio di vento, ogni voce lontana. E questo sentirmi parte della storia, un po’ come se tra quelle pagine ci fosse anche un pezzetto di me, mi ha molto emozionata. È stato come fare un passo indietro e capire. Capire cosa vuol dire morire per difendere la propria fede e la propria città. Capire di essere innamorata di un luogo (sì, è possibile). Capire che nonostante il progresso, quel luogo rimane sempre un po’ uguale ed è in grado di suscitare esattamente le stesse emozioni in chi ha la fortuna di conoscerlo.