Franco Alesci racconta "Concerto per Venere" Franco Alesci racconta "Concerto per Venere"

Franco Alesci racconta “Concerto per Venere”

Franco Alesci

Franco Alesci

Abbiamo posto alcune domande a Franco Alesci autore del volume Concerto per Venere, romanzo d’amore “ai tempi di Twitter”.

FRANCO ALESCI

“Concerto per Venere” affronta in parte il tema dei social network, cosa rappresentano per te, una risorsa oppure, come sostiene qualche sociologo, alla lunga possono divenire un problema per la stessa comunità che li usa?

Io personalmente utilizzo i social networks per avere più visibilità come autore e, in questo senso, devo dire che mi sono stati molto utili. Non credo che possano diventare un problema per la comunità, in fin dei conti non sono niente di più che enormi salotti virtuali dove si comunica secondo la modalità multimediale: testi, immagini, audio. Qualche problema possono averlo le persone incapaci di dosarne la partecipazione ma, probabilmente, questi soggetti avrebbero problemi anche frequentando un bar, lo stadio, la palestra, la sala delle slot machines, ecc.

Secondo me i social networks soddisfano principalmente al bisogno di:

protagonismo: chiunque può venire apprezzato se sa proporsi adeguatamente allo sconfinato pubblico dei salotti virtuali, e può diventare una piccola star. Può costruire il profilo dei suoi sogni, e fingere di essere quello che forse nella vita non è ma avrebbe voluto essere: un poeta, un fotografo, un comico, un filosofo, un commentatore politico o mille altre cose e, se piace e funziona in questa veste, ottenere un piccolo esercito di followers;

interazione: si può comunicare direttamente anche con personaggi illustri: politici, musicisti, registi, scrittori, ecc, senza nessun filtro o controllo. Mentre la televisione relega gli spettatori a un ruolo totalmente passivo, nei social networks la gente interagisce. E, se quello che è già avvenuto negli Stati Uniti – dove generalmente si anticipano i fenomeni – avverrà anche da noi, il declino televisivo sarà  inarrestabile;

– mascherarsi: per timidezza, gioco o altri motivi. Se qualcuno vuole apparire anziché con la sua foto con un ‘altra immagine, anche eccentrica, e neppure con il nome vero, finalmente può farlo. E’ possibile scegliere un nome di fantasia e, presentarsi a tutto il social network tramite un’icona (questo su Twitter), per esempio con l’immagine di un cane, di un gatto, del sole, della luna, di un super eroe, di un disegno, con la foto di qualcun altro, o in mille altre maniere. Non ci sono limiti alla fantasia;

– conoscenza di persone interessanti, che difficilmente si potrebbero incontrare nella vita di tutti i giorni.

Naturalmente, non essendoci nessun controllo, i profili fake (falsi) sono numerosi.

Twitter, ma anche Facebook, mi ricordano la fiaba: “I vestiti nuovi dell’imperatore” di Hans Christian Andersen. La ricordo brevemente: un re, particolarmente vanitoso, spende una montagna di soldi in abbigliamento, quando incontra due truffatori che dicono di potergli preparare degli abiti straordinari, che però sono invisibili agli stupidi e a quelli che non sono all’altezza del loro ruolo. In realtà lo forniscono di capi di vestiario inesistenti, ma nessuno tra i suoi ministri e funzionari oserà dirgli la verità e cioè che non indossa niente. Soltanto dei bambini esclameranno: il re è nudo!

I partecipanti ai Social Networks possono permettersi di essere come questi bambini e di dire quello che vogliono.

 “Concerto per Venere” è tutto sommato un libro romantico che parla di amore ma pure di diversi problemi della vita, sfiorando temi anche attuali come la guerra, la violenza, l’amore difficile fra persone con fedi religiose diverse, come mai hai sentito il bisogno di scrivere anche di questi non facili argomenti?

Viviamo in un mondo piccolo e ancora oggi pieno di tensioni e contraddizioni, basta prendere un aereo, volare qualche ora, atterrare e inoltrarsi in certi quartieri, per rischiare facilmente di essere colpiti da una pallottola vagante o sparata deliberatamente, o di esplodere come un petardo, senza nessuna ragione logica. La lista dei fotoreporters, morti per farci vedere quello che succede a poca distanza da noi, è quasi senza fine.

E viviamo, più o meno in tutta Europa, in una società multietnica dove avvertiamo lo sfasamento, dal punto di vista dei costumi, che esiste in alcune comunità di immigrati rispetto al luogo europeo dove vivono.

Ho sentito il bisogno di parlare di questi argomenti per l’attualità. In questo contesto ho voluto raccontare di un amore emblematico: Delaram, ragazza di origine pakistana, vive a Londra insieme alla famiglia e si innamora di Sam, giovane di origine filippina. Lei è già stata promessa in sposa a un cugino, secondo l’usanza del matrimonio combinato. La coppia, non avendo un altro luogo possibile dove incontrarsi e in balia del desiderio, trova uno stratagemma. Ogni mattina, quando Delaram esce dal retro del ristorante dove lavora per smistare l’immondizia, lei e Sam si immergono nel cumulo dei rifiuti dove trovano il loro nido d’amore, nascosti dal resto del mondo. Qui, avvolti in un plaid, sono come dentro una bolla magica. Il cumulo di rifiuti diventa un’altra dimensione dove perdono le percezioni esterne, dove spariscono gli odori e i rumori, e ci sono finalmente solo loro due e il loro amore.

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Mi è piaciuto parlare di questa storia per il coraggio che hanno i protagonisti di rifiutare l’imposizione della famiglia di lei.

Alcune famiglie, di certe etnie, sono come dei fortini inviolabili, degli stati dentro lo stato, all’interno vigono altre regole e le donne sono schiave di un padre padrone, spesso coadiuvato dai figli maschi, dai cugini, dagli zii, dove si consumano violenze e si impongono comportamenti. Ci sono stati casi di adolescenti assassinate o sfigurate nel volto con l’acido o il coltello, da famigliari o promessi sposi, solo perché avevano contatti o relazioni con coetanei al di fuori della loro comunità.

Nella società multietnica la tragedia shakespeariana di “Giulietta e Romeo” è attuale più che mai, e relazioni tra adolescenti di etnie diverse possono avere un epilogo letale, anche nel moderno e libero occidente.

La trama spazia fra Londra, Medio Oriente, Asia ma alla fine…Venezia non la dimentichi mai?

È il destino di ogni veneziano: giri, osservi, rifletti e poi, quando torni a Venezia, in un frammento di spazio ritrovi tutto l’universo. In ogni molecola di questa città c’è il DNA del mondo che, soprattutto, si respira come ossigeno in laguna con i riflessi delle sue albe e dei suoi tramonti, e la magia delle sue isole. E’ quasi una malattia la “venezianità”, ricorrente come un attacco di malaria, che io personalmente curo, per esempio, percorrendo tutto il Lido in bicicletta: lato laguna all’ andata, lato mare al ritorno, oppure prendendo la motonave e andando a Burano, Mazzorbo, Torcello o ancora semplicemente camminando per Venezia fino all’Arsenale, andando a visitare la Biennale, girando per Via Garibaldi a Castello fino in Campo do Pozzi dove nacqui e che ogni tanto mi richiama come una molla.

 Questo libro è figlio di qualche particolare momento della tua vita attuale?

Potrei dire che questo libro è figlio di twitter e della sperimentazione. Ero immerso in questo social network da qualche mese quando concepii l’idea di questo romanzo, cioè lo scorso inverno (2013). Scrivevo di nuvole, di aria, di leggerezza, perché per molti mesi mi sentii trasparente e inconsistente e, siccome non avevo nessuna inibizione, la conseguenza di questo stato fu l’emissione di quattrocento tweets liberamente surreali e visionari. Molti piacquero, parecchi crearono euforia: le emozioni zampillavano come fontane a moto perpetuo, nacquero minuscole ma significative atmosfere traboccanti di pathos quanto l’aria può esserlo di cariche elettriche prima del temporale.
Adesso ognuno di quei trenini di parole mi ricorda un momento e una sensazione precisa: sono fotogrammi che albergano in me.
Una parte di quei tweets sono diventati i titoli dei capitoli di “Concerto per Venere”. Da quelle sensazioni brevi e intense sono sbocciati i fiori delle emozioni lunghe e forti: per sempre, come la roccia.

Sei un prolifico scrittore, hai già in mente prossimi lavori?

Sto recuperando il tempo perduto. Come molti autori per anni ho scritto e riscritto tante cose solo dentro di me che, adesso, come se fossero stanche di rimanere schiacciate in un contenitore divenuto nel tempo troppo affollato, escono allo scoperto e lo fanno quasi in maniera alluvionale. Sono a buon punto nella stesura di un romanzo che inizia al tempo della rivoluzione francese e arriva ai giorni nostri, e penso di finirlo per questa estate. Ho recentemente iniziato anche un testo noir con degli elementi e delle caratterizzazioni piuttosto sui generis, e la cui conclusione richiederà un po’ più di tempo.

Abel Books, 2013

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Giannandrea Mencini

Autore: Giannandrea Mencini

Laureato in Storia, mi occupo di storia dell’ambiente e del territorio. Collaboro con alcune testate giornalistiche. Lavoro a Venezia come responsabile della comunicazione e ufficio stampa e ho scritto numerosi libri ed interventi specialistici.

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