Le storie della salamandra di Paolo Durando
Le storie della salamandra (Abel Books 2012) è un nuovo lavoro di Paolo Durando che raccoglie quattro racconti di fantascienza. Anche questi racconti, come quelli contenuti nel precedente lavoro “Al Confine” (Edizioni scudo 2010), risultano essere intriganti e il tema principale rimane la pluralità dell’io e il rapporto dei protagonisti con lo spazio e il tempo.
Anche in questo lavoro, il linguaggio dell’autore risulta molto ricercato e scientificamente perfetto in un contesto della trama spesso immaginario ma che, forse proprio attraverso questo attento uso delle parole, l’autore cerca di riportare a una sua logicità quasi reale.
Il primo racconto, “L’Unico”, il più breve dei tre, appare molto legato a questa “scientificità” del linguaggio e, fra i quattro che compongono il volume, sembra il più difficile da capire e tutto sommato il meno avvincente della serie. “L’Unico” sopravvissuto alla sua civiltà, richiama un grande tema della fantascienza del secolo scorso e sottolinea ancora una volta quel senso di abbandono e di solitudine che è sempre presente nei racconti di Durando. Il racconto “Francesco Uomo”, rispetto al precedente, appare più lucido e meglio sviluppato e anche in questo caso siamo alle prese con il protagonista, Francesco Tireli, che si sveglia completamente solo sul pianeta “a quel punto credette di stare sognando, ma non ci mise molto a constatare la realtà assoluta di quanto stava vivendo. Se n’erano andati tutti”. La lettura di questo racconto ci riporta quindi verso argomenti e sensazioni classici della fantascienza moderna e, in merito, non può non venire in mente il libro dell’appena scomparso Richard Matheson “Io sono Leggenda”. Quel senso di vuoto e il continuo gioco fra il reale e l’irreale fino a raggiungere un vero e proprio scambio dell’io, fanno da cornice a questo racconto ben scritto e ben condotto che dimostra come la fantascienza americana della metà del secolo scorso abbia sicuramente influenzato il nostro autore.
Il viaggio nel tempo è protagonista del racconto “Amore con Varianti” dove anche l’amore ha una parte importante nel contesto della storia. L’amore fra Dehin e Yosaa, oltreché avventuroso, è bello e forte e si sviluppa addirittura attraverso universi paralleli. In questo racconto, l’autore ritorna a spadroneggiare fra le tecnologie ma ci impressiona anche per le sue originali idee sociali come quella, ad esempio, di superare l’identità di genere “il fatto che lui fosse un maschio e Yosaa una femmina era il frutto del loro ultimo accordo”. Insomma cambiare “sesso” era una semplice formalità e, su questo aspetto, forse l’autore intende provocare la società di oggi poco “aperta” a certe tipologie di discorsi o verso forme diverse di famiglia. Ma anche altri aspetti come la protesta degli insegnanti contro l’invasione della nanotecnologia o ancora la paura di un uso improprio di certe tecnologie che permettono di viaggiare nel tempo “a quanti potrebbero avere interesse ad impadronirsi di determinati segreti del passato per condizionare il presente “ ci riporta a problematiche non molto lontane dalla nostra realtà quotidiana. Anche il viaggio fra le bellezze italiche dei protagonisti, appare un segno di “realtà culturale”, quasi un inno alla bellezze monumentali del nostro Paese che Durando racconta con amore quasi dimenticando di trovarsi in una storia immaginaria. “L’Italia ripulita delle sue brutture architettoniche dell’era cacofonica” come racconta Dehin alla sua fidanzata lo raccogliamo come auspicio per la nostra civiltà presente.
Nell’ultimo racconto, “I Molteplici”, l’autore suddivide la narrazione in quadri storici ben determinati, dall’antica Roma in poi, e il viaggio nel tempo in questo caso raggiunge la sua massima espressione . Anche i protagonisti non sono più singole identità ma “collane evolutive” che riescono a comunicare fra le diverse epoche.
Nel suo insieme, questo lavoro di Durando appare tanto interessante quanto un po’ difficile e non certo accessibile a tutti. Un’opera che sembra sfidare il lettore nella sua mutevolezza e nella sua originalità soprattutto linguistica e pertanto invito chi ama questo genere letterario, a raccogliere la sfida.
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Giannandrea Mencini