Recensione di Anna Karenina, declino dell’alta società russa di fine 800′
Sommo capolavoro del realismo russo, al suo esordio fu stroncato dalla critica, bollato come una espressione frivola dell’alta società dell’epoca. Definito, invece, dallo scrittore Fëdor Michajlovič Dostoevskij “perfezione in quanto opera d’arte…niente della letteratura europea della nostra epoca può esserle paragonato”. Gli fa coro Vladimir Vladimirovič Nabokov, che aggiunse «il capolavoro assoluto della letteratura del XIX secolo]». Stiamo parlando di Lev Tolstoj, stiamo parlando della recensione di Anna Karenina (in russo Анна Каренина), edito da BUR e disponibile su Bol.it a soli € 9,26.
L’opera si ispira, per ammissione dello stesso Tolstoj, allo scrittore e poeta russo Aleksandr Sergeevič Puškin. Frutto di una sorta di ossessione creativa, nata dalla potenza evocativa di una frase: «nudo gomito femminile di un elegante braccio aristocratico». Monumento letterario in nuce. Il romanzo si articola in otto parti. Ma chi è Anna Karenina? Prima l’introduzione della figura di Stepan Arkad’ič Oblonskij (“Stiva”), fedifrago ufficiale civile sposato con Dar’ja Aleksandrovna (“Dolly”). Anna è la sorella di Stiva, che la chiama da San Pietroburgo per tentare di riallacciare il rapporto con Dolly. Questa la premessa narrativa al percorso di eventi che traccia la parabola di Anna Karenina.
Gli ambienti sono quelli delle più alte classi sociali russe, toccando temi diversi che vanno dalla fedeltà al ruolo della famiglia, dall’ipocrisia nei rapporti alla funzione del matrimonio. Senza per questo tralasciare altre questioni centrali in una società di fine ottocento, ovvero il progresso e la contrapposizione tra sistema sociale agrario e quello cittadino. Anna è l’emblema dell’alta società di San Pietroburgo, almeno fino quando non lascerà il marito per il conte Vronskij. Relazione complicata. A questa il romanzo contrappone il solido e onesto rapporto tra Levin e Kitty, indiretta dimostrazione dell’incapacità di Anna di impegnarsi nella ricerca della felicità. Un’incapacità che porterà al peggio.
«Tutta la varietà, tutta la delizia, tutta la bellezza della vita è composta d’ombra e di luce». Per vivere l’ambiguo dualismo di una Russia sofisticata e ipocrita, infelice e gaudente, non c’è niente di più sublime che Anna Karenina di Lev Tolstoj.
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